Donna come prima

"Oggi mi sembra di essere la stessa persona di sempre, anche se mi è gonfiato il braccio per linfoedema e non posso fare più quello che facevo prima, ho anche qualche doloretto in più; intanto mi sono ricresciuti i capelli e anche se sono tutti bianchi mio marito dice che sto bene lo stesso. Sono nonna a tutti gli effetti. Ho l'amore della mia famiglia intorno, i nipotini che mi fanno sentire al settimo cielo con un abbraccio o un bacio..." di Antonietta Caldini

Ed eccomi qui, sono ancora ad addobbare l'albero di Natale, a fare il Presepe, a pensare ai regali da metterci accanto. È passato un anno dall'inizio della mia esperienza di vita, era Natale. Anche se oggi mi trovo a fare le stesse cose di un anno fa, e devo dire di essere stata fortunata, forse dentro di me qualcosa è cambiato.

Mi chiamo Antonietta e ho 66 anni. Questa è la storia del mio incontro con il tumore.

Fino al 2011 la mia vita è trascorsa normalmente con alti e bassi, come in tutte le famiglie. Nel 2010 sono diventata nonna di due bellissimi bambini. Fin qui, la felicità.

Poi, ad inizio 2011, per la prima volta sento nella mia famiglia la parola “carcinoma”, che forse suona meglio di “tumore”, anche se è la stessa cosa. Mio marito si deve operare alla tiroide, ad agosto si opera e per fortuna va tutto bene.

Arriva novembre, e decido di passare una visita dal ginecologo, lui fa anche ecografie al seno. Bene, faccio la visita e subito mi dice che c’è un nodulo e che devo fare la mammografia urgente, senza attendere quella di “routine” (a dicembre sarebbero scaduti i due anni dall’ultima mammografia). Comunque, mi sottopongo alla mammografia, e di nuovo sento la parola carcinoma, e di nuovo un tuffo al cuore.

Subito dopo la biopsia, e qui la sentenza: bisogna operare. A gennaio, appena completato da mio marito il ciclo di iodio radioattivo, mi opero; passano i giorni con alti e bassi nell’attesa della risposta e purtroppo la speranza si spegne: devo operarmi per la seconda volta, perché il linfonodo sentinella è stato attaccato.

A febbraio mi opero ancora e stavolta mi viene fatto lo svuotamento ascellare. Di nuovo l’attesa, e finalmente arriva la risposta: due linfonodi su diciotto sono stati intaccati. L’oncologo dice che è una cosa buona, posso essere contenta, però bisogna fare la chemioterapia, la radioterapia e prendere pasticche per cinque anni. A questo punto, mi crolla il mondo addosso. Vorresti metterti a urlare ma non puoi. Sentire la parola “chemio” è stato più brutto della parola “carcinoma”. Da allora ho iniziato a conoscere davvero l’ambiente oncologico: vedi intorno a te la sofferenza, anche se le persone sono tutte molto carine e dolci, senti parlare di PIC, di terapia ecc.

Quando ho iniziato la chemioterapia, ero terrorizzata. Ero già passata dall’inserimento del PIC per farla, e non era stata un’esperienza molto bella; doveva essere una cosa semplice, ma la cannula dopo diversi tentativi di inserimento era finita nella vena giugulare provocandomi una trombosi. Devo dire che fare la chemio, anche se avevo tanta paura, è stato meno traumatico di quella prima esperienza del PIC, tolto lo star male nei giorni successivi ad ogni seduta, ma era una cosa già prevista e l'avevo messa in conto. Certo passare la mattina a fare la “chemio” mi ha permesso di sentire altre esperienze. Parlare con le altre persone che erano lì con gli stessi problemi, farci coraggio a vicenda è stato un modo per sentirci meno soli ad affrontarli. Anche la perdita dei capelli non è stata molto traumatica, certo non è piacevole, però insieme alle mie nuove amiche ci scherzavamo sopra. Ci siamo fatte la parrucca e devo dire che gli altri non si sono mai accorti di niente, anche se io ho sempre detto la verità, che il nuovo taglio di capelli dipendeva solo dalla parrucca, ridendoci sopra.

Poi c'è stata la FEDE. Un sacerdote diceva che dovremmo pregare per ringraziare il Signore di quello che abbiamo anche quando stiamo bene, purtroppo non ci si pensa o non troviamo il tempo per farlo; pregare però quando stiamo male ci dà più forza e coraggio. Nel periodo delle chemio, passavo molte sere a letto, seguivo il S. Rosario trasmesso da Lourdes; vedere quante persone sono lì per chiedere una grazia o solo per ringraziare la Madonna per quello che hanno, vedere anche quanta sofferenza c'è nel mondo e quanta speranza negli occhi di quelle persone, mi ha dato la forza di sopportare e andare avanti. Certo, non è stato facile, piangevo molto, però l'angoscia che sentivo dentro era più sopportabile. Ormai è passato un anno dall'inizio di tutto questo. Quei giorni, a momenti, sembrano avvolti nella nebbia; sono io che ho vissuto questa esperienza, ma nello stesso tempo è un'altra persona, che è passata attraverso sofferenza e paura.

Devo comunque ringraziare mio marito che con il suo amore mi è stato vicino, anche con uno sguardo mi ha dato coraggio, mi ha fatto sentire bellissima anche senza capelli; la mia mamma che all'età di 91 anni è stata male per me; i miei figli, mio genero e mia nuora, che mi hanno aiutato a superare i momenti difficili standomi vicino e facendomi sentire il loro amore; i miei nipotini che con la loro vivacità mi hanno fatto dimenticare il dolore.             Dimenticavo... anche il mio barboncino, un canino di nome Chicco, non mi ha mai lasciata sola, quando ero a letto mi stava attaccato alle gambe trasmettendomi il suo calore, era il suo modo per dirmi che capiva e mi era vicino.

Oggi mi sembra di essere la stessa persona di sempre, anche se mi è gonfiato il braccio per linfoedema e non posso fare più quello che facevo prima, ho anche qualche doloretto in più; intanto mi sono ricresciuti i capelli e anche se sono tutti bianchi mio marito dice che sto bene lo stesso. Sono nonna a tutti gli effetti. Ho l'amore della mia famiglia intorno, i nipotini che mi fanno sentire al settimo cielo con un abbraccio o un bacio. Oggi sono diventata nonna di nuovo di un bellissimo bambino, tanto desiderato, e posso dire di essere felice. La mia vita sembra abbia ripreso il suo ritmo, anche se a volte mi sento un po' cambiata dentro ma mi sembra di essere più serena.

Poi però c'è l'altra me, che vive “parallela“ con tutte le paure, le incertezze e le lacrime che ogni tanto vengono fuori, cerco di cacciarle via, ma immancabilmente riaffiorano.

Ora devo iniziare a fare i controlli, io voglio essere ottimista e sperare, però “l'altra” si mette a pensare: “andrà tutto bene?“ E si chiede: Sarà così?

Sarà “DONNA COME PRIMA?”