Vita
"Improvvisamente arrivano alla mente le parole delle mie lezioni sul tumore. Quante volte ho spiegato l’argomento, a quanti ragazzi ne ho parlato, ma adesso lo sto vivendo. Le nozioni scientifiche si confondono con gli spettri di una malattia ancora oggi impronunciabile..." di Cinzia Filipponi
“Vivere ed aspettare la vita,
poi accorgersi della morte
e continuare a vivere”
Questi versi li ho scritti a sedici anni, quando per la prima volta ho incontrato sul mio cammino la morte, quella del nonno.
Fu quel primo incontro a farmi riflettere sulla vita.
Poi quella vita si è srotolata con gioie, dolori, speranze, consuetudini, fino a una mattina di fine ottobre…
Parcheggio vicino a scuola e, come ogni mattina, penso a quello che dirò in classe, a cosa preparerò per pranzo, a cosa comprerò, farò, dirò…
Il suono del cellulare interrompe per un attimo i pensieri, rispondo automaticamente:
“Buongiorno Signora, chiamo dall’ISPO, la dottoressa vorrebbe vederla per fare un’ecografia al seno; la mammografia non è chiara. Non si preoccupi, ci vediamo venerdì mattina alle 9.”
Poco più di una frase e… il dubbio si insinua, penetra nel cervello. Cerco di scacciarlo, annullarlo. Cerco razionalmente di pensare che è normale: è un controllo. Che è giusto e scrupoloso.
Parlo con le colleghe e tutte mi rassicurano; è successo anche a loro.
Inizio un percorso fatto di visite, analisi, approfondimenti che, solo pochi giorni prima spiegavo in classe ai miei alunni, ma di cui, in realtà conoscevo solo l’aspetto tecnico.
Certamente non sapevo che dietro quei prelievi, quegli accertamenti c’era un universo di pensieri, angosce, speranze. Non immaginavo.
Ed ecco “il responso”. L’oracolo parla, spiega.
Sono sola in quell’ambulatorio. La voce arriva ovattata, sembra rivolta ad un’altra persona. “Signora, deve contattare un chirurgo al più presto. È un carcinoma.”
Improvvisamente arrivano alla mente le parole delle mie lezioni sul tumore. Quante volte ho spiegato l’argomento, a quanti ragazzi ne ho parlato, ma adesso lo sto vivendo. Le nozioni scientifiche si confondono con gli spettri di una malattia ancora oggi impronunciabile.
Quella frase ti cambia la vita, ti cambia il modo di vedere la vita, ti cambia il modo di vivere la vita.
Ho l’alien, dentro di me cova una bestia famelica che mi spolpa, mi uccide.
Devo toglierla, eliminarla. Devo combattere!
Aspetto… Inizio ad aspettare.
Aspettare la visita con il chirurgo, gli esami, il ricovero, intanto la vita continua a scorrere. Attorno a me tutto sembra uguale a sempre, invece è tutto cambiato. Sono cambiati soprattutto i pensieri.
Penso spesso alla morte o forse penso alla vita.
Provo a pregare. È molto che non lo faccio, o forse lo ho sempre fatto anche se non in modo “convenzionale”. Ma mi vergogno.
Non posso chiedere a Dio di aiutarmi, infondo, sono una donna fortunata.
Penso a coloro che non hanno mai avuto niente, ai diseredati, ai bambini che muoiono di fame, agli extracomunitari che lasciano le loro famiglie, a coloro che hanno sempre sofferto perché una famiglia non l’hanno mai avuta. Che diritto ho di chiedere?
La mia vita è stata bella, è bella!
La ripercorro lentamente, accarezzando immagini e luoghi.
Ho un marito dolcissimo, che mi ama da trenta anni. Ci siamo incontrati sui banchi del Liceo e non ci siamo più lasciati. Abbiamo condiviso tutto. Viviamo con serenità la nostra storia e ancora oggi ci emozioniamo.
Ho una figlia bellissima, bravissima che non mi ha mai dato preoccupazioni ma solo gioie e orgoglio. Ho un padre anziano, amabile, e una sorella più piccola, un po’ estrosa ma profondamente buona.
Sono passati venti mesi da quella mattina di ottobre, ho affrontato il lungo percorso comune a tante donne, un percorso faticoso, a tatti doloroso ma che mi ha fatto assaporare le gioie di un quotidiano che non è mai scontato.
Guardo il cielo e lo vedo azzurro, più azzurro, gli alberi sono più verdi, l’aria è tersa, limpida e anche gli odori mi sembrano più penetranti; ed è per questo che oggi posso dire:
“Vivere ed essere disattenti alla vita,
poi accorgersi della morte
ed iniziare a vivere”.