La bambina magica
"Vorrei chiederle tante cose: “chi sei?... Da dove vieni?... Perché sei sola?..”, ma non lo faccio. La guardo con infinita tenerezza e accarezzo con lo sguardo i suoi giochi..." di Patrizia Vangeli
Sono qua nel mio rifugio.
Mi avvolgo in un abbraccio caldo, dentro la mia coperta preferita.
Mi hanno appena detto che ho il cancro.
O qualche giorno fa… non ricordo più.
Rannicchiata nella poltrona mi sento trasportare via da una forza che non conosco.
Chiudo gli occhi e non comprendo bene ciò che mi sta capitando.
Quanto tempo è passato da quando mi hanno detto: “ Lei ha il cancro!” ?
Poco o tanto, non importa.
All’improvviso il mondo intorno a me si era ovattato ed era calato un grande gelo.
Sentivo i rumori, le parole, i suoni, i discorsi della gente, ma non li percepivo, proprio come in una dimensione ovattata, dove tutto è appena accennato, sussurrato.
Dove si perde la reale dimensione dello spazio e del tempo.
Ed il passato e il presente si ricorrono, avvicinandosi ed allontanandosi, fino a confondersi.
È ciò che mi sta capitando.
E poi una lunga rincorsa affannosa:
- Gli appuntamenti...
- Gli esami…
- I dottori…
- I colloqui…
- L’operazione...
- L’attesa...
- La cura…
- La radioterapia…
E dopo?
“Che ne sarà di me, dopo?”
Capita a tutti prima o poi di perdersi, magari senza che cene accorgiamo.
E così non ci riconosciamo più.
Ma gli stessi avvenimenti che ci hanno fatto perdere, possono anche farci ritrovare.
Può essere un lutto, una malattia, un incontro speciale.
Io mi ero smarrita in un labirinto senza fine dopo un lutto, la morte di mia madre.
Così come l’arrivo del cancro mi aveva annullata.
Poi all’improvviso è giunto l’incontro col nonno, che mi ha sorpreso e meravigliato e riempito di gioia. L’unico nonno non conosciuto, ma così amato! Un incontro veramente speciale. Sì, perché aveva qualcuno d’importante da mostrarmi e farmi conoscere. Io me ne stavo tranquilla nel mio rifugio, quando è entrato il nonno invitandomi a seguirlo.
Mi ha fatto strada lento nel suo incedere, ma sicuro. lo l’ho seguito curiosa e fiduciosa, perché la presenza del nonno mi rassicura sempre. E quando si ferma e s’accosta da una parte, quasi a farmi largo, m’accorgo che mi ha condotto alla presenza di una bambina seduta sopra un grande letto.
È una bambina piccola, che non va ancora a scuola.
Il viso rotondo, i capelli castani morbidi legati in due piccoli codini e gli occhi castani già visti da qualche parte... ha il vestito della festa in tulle celeste chiaro e sta giocando. Mi avvicino piano, guardandola con apprensione, col cuore che mi batte: “sono io!”, mi sono detta.
Ma sono rimasta delusa. No, non lo ero. M’assomigliava, ma non lo ero. La osservo mentre il nonno si allontana. Lei non si volta, non alza la testa, non rallenta il suo fare e continua a giocare. È completamente assorta in un mondo tutto suo, incurante di ciò che le accade intorno.
Ma da quanto tempo è lì?
Vorrei chiederle tante cose: “chi sei?... Da dove vieni?... Perché sei sola?..”, ma non lo faccio.
La guardo con infinita tenerezza e accarezzo con lo sguardo i suoi giochi.
Quante volte mi sono domandata: “Ma chi è quella bambina che m’assomiglia tanto, ma non sono io?”
E l’osservavo... e la scrutavo... mentre saliva un nodo alla gola.
“Ma chi sei, tu che m’assomigli tanto ma non sei me?”. Quale magia!
E quante volte ho cercato d’incontrarla di nuovo, fiduciosa che prima o poi m’avrebbe risposto. Tante quante una vita intera!
Ed ora eccola qui, finalmente ritrovata.
Quanto è lunga un’attesa?
Brevissima, se l’avvenimento e inaspettato o speciale, se le persone sono amate o desiderate.
E ciò che accade ha la dimensione del presente.
Eccoli di nuovo qua, insieme, il nonno e la bambina magica! Li guardo.
La bambina si rivolge a me salutandomi con la mano destra, mentre con l’altra tiene stretta la mano del nonno. Un grande sorriso e gli occhi furbi, come a volermi dire qualcosa. Anche il nonno, dopo di lei, mi saluta con un grande sorriso e il cenno della mano. Mi guardano entrambi: sono felici e sorridenti.
Percepisco in loro una grande gioia. Ed io sono tranquilla: “Hai visto, siamo tornati” dice il nonno. “Torniamo sempre, ogni volta che vuoi”. Ora vedo molto bene il loro venirmi incontro.
Un tempo sono stata quella bambina! Eh sì, m’assomigliava proprio! Gioiosa, sorridente, a correre nei prati con le amiche a fare gli scherzi e a ridere per nulla!
“Ti ricordi?”, mi chiede la bambina, interrompendo le mie visioni. “Sì, mi ricordo” “Dov’è finita quella bambina, che ne è stato di lei?”.
Si è perduta tanto tempo fa, troppo e chissà dove. E poi è diventata un’altra.
Ho preso tante, troppe decisioni che m’allontanavano sempre più da lei e mi trasformavano. Adesso sono sicura che il nonno me l’ha fatta ritrovare.
Quella bambina perduta e che io non rammentavo nemmeno più.
Addirittura mi ero dimenticata che fosse perfino esistita. Questo pensiero mi fa star male e mi commuove. C’è un grande dolore intorno a me che porta lacrime ed un nodo alla gola che non si scioglie. E proprio adesso l’ho ritrovata con un carico così pesante da portare nel mio domani.
“Esisto e sono sempre esistita e sono reale. Non sono perduta!”. La sua voce mi richiama al presente. Lei è sempre lì ad aspettarmi, in piedi, gioiosa.
Avverto che io, in quel momento, non ho una gran voglia di parlare, ma voglio ascoltare. Rimango sempre così, in attesa e senza parole, di fronte agli avvenimenti “magici”.
“Vedi”, riprende la bambina, “quando le voci fuori da noi aumentano e si moltiplicano fino a diventare un frastuono ingombrante che non ci fa più sentire la nostra voce, noi ci perdiamo.” Quando “dobbiamo” fare le cose per abitudine, per dovere, per necessita, per compiacere e far contenti gli altri... noi ci smarriamo.
Quando inseguiamo obiettivi che non sono i nostri, mete che non c’appartengono, traguardi importanti, solo per altri... noi perdiamo.
Ed alla fine non ci riconosciamo più.
Ma c’è sempre la possibilità di reincontrarsi e di dialogare con la parte più vera ed autentica di noi stesse.
Rimango incredula di fronte alla grande occasione che mi è data. “Esisto e non perduta”, mi ha detto. L’ho ritrovata e mi sono ritrovata.
Che cosa mi dirà ancora la bambina magica?
Ed io cosa avrò da dirle?
“Prendimi per mano ripercorri con me gli affanni, i dolori, gli sbagli, le mancanze, le decisioni sbagliate... le sofferenze... la malattia, ma ripercorriamoli con i tuoi occhi. Insieme possiamo fare un altro cammino, con quella bambina magica che io credevo non esistesse più”.
Il nonno è seduto tranquillo.
Guarda compiaciuto la bambina magica che mi prende per mano.
Ci avviamo.
Lei rivolge lo sguardo verso di me ed io le rispondo annuendo, per poi gettare lo sguardo verso l’orizzonte, lontano.
La bambina magica è dentro ciascuno di noi.
C’è davvero!
E ci chiede amorevolmente di rivedere la nostra storia coi suoi occhi, quelli del cuore!
Mentre guardo la luce chiara fuori dalla finestra, mi rendo conto del cammino fatto da quando mi hanno detto: “Lei ha il cancro”. In poco tempo ho percorso una distanza enorme.
Non sono stata sola in questo cammino, perché è un viaggio che non si può fare da sole. Magari è qualcuno che arriva da lontano, dal nostro passato ormai dimenticato o che non sapevamo esistesse e di cui ignoravamo l’esistenza. Una persona magica o un avvenimento, una notizia o un ricordo che ci riconcilia con la nostra storia. Oppure è l’imbattersi in un presente inaspettato.
Dopo le mani del nonno e della sua bambina magica, sono stata accolta da altre mani.
Ho sfiorato altri visi, ho sorriso e pianto insieme ad altri occhi.
Ho trovato altri rifugi nei gruppi delle donne, lassù a Villa delle Rose, ma soprattutto una grande spinta per intraprendere il mio domani. In quei gruppi, nelle altre donne, in chi ci “guidava” amorevolmente, ho sempre ritrovato un po’ di quella magia che avevo perduto tanto tempo fa.
E un po’ alla volta, senza che me ne accorgessi, ho recuperato “pezzi” di me stessa che avevo lasciato per strada.
Non sono ancora completi per definire una storia, forse no, ma sufficienti per spiccare il volo, questo sì.
E tutte le volte che mi va... di voltarmi indietro...
Vi guardo tutte con gli occhi di quella bambina magica che mi tiene ancora per mano e vi abbraccio forte.