Risveglio
“Carcinoma mammario”, è questo che mi stanno dicendo. Andrà tutto bene certo, ma i prossimi giorni saranno molto duri: chemioterapia, mastectomia totale, radioterapia e... Sono e non sono. Fisso la dottoressa che parla. Sento le sue parole e non capisco, è un film muto e non io ne faccio parte, sono seduta e guardo gli altri recitare..." di Barbara Babi
Risveglio
Sento che nell’aria c’è qualcosa di diverso, la mia “quotidianità” sta per essere sgretolata e non so quanto mi mancherà. Le cose che più rimpiangerò saranno la noia e la normalità, ma non sono ancora abbastanza consapevole della loro importanza.
La grande paura
Un giorno qualsiasi improvvisamente, ti trovi imprigionata in una bolla ovattata: intorno a te silenzio.
Tutto continua a scorrere, ma per te tutto è fermo, immobile, silenzioso.
“Carcinoma mammario”, è questo che mi stanno dicendo. Andrà tutto bene certo, ma i prossimi giorni saranno molto duri: chemioterapia, mastectomia totale, radioterapia e... Sono e non sono.
Fisso la dottoressa che parla. Sento le sue parole e non capisco, è un film muto e non io ne faccio parte, sono seduta e guardo gli altri recitare.
Ed è silenzio, fuori e dentro.
Il mio compagno Mauro è ora la mia razionalità e io non penso a quello che lui sta provando, alla sua sofferenza. Io ho la mia; comunque sa di essere l’involontario delegato, che mi sostituirà dovunque io non sarò, non potrò essere.
... Carcinoma... chemioterapia... Oddio... mastectomia totale... capelli che cadono... Dai! Tempo... Tempo...
Sento queste parole che mi comprimono sempre di più nell’ovatta, quello che avevo intorno sta velocemente allontanandosi.
Poi, all’improvviso arriva da lontano un pianto, una voce che non è voce, intrisa di grande paura e di disperazione: Pietro, mio figlio, non vedrò crescere il mio bambino, per piacere non fatemi morire, devo aiutare mio figlio a crescere, è ancora troppo piccolo!”.
È questo che mi ha fatto reagire.
E la ragione porta con sé la disperazione: urlo, scalcio, sto cadendo, le gambe non sono più ferme.
Devo vomitare! Vomito.
Mauro, i medici e le infermiere mi distendono e vogliono darmi dei calmanti: io rifiuto violentemente.
Non voglio calmarmi.
Voglio urlare, devo rompere, spaccare qualcosa, voglio essere rabbia per ciò che mi sta accadendo.
Un cancro! No, non è possibile. Non a me. Mi merito tutto questo? Non è possibile...
Poi, improvvisamente, la quiete e di nuovo l’ovatta, il silenzio che sarà schermo e compagnia per tutto questo nuovo cammino.
L’incontro
Parlo, parlo, parlo in continuazione con tutti, racconto a chiunque quello che mi sta succedendo.
Parlo del cancro al seno con le donne che incontro, amiche, conoscenti e sconosciute, molte di loro per la prima volta si fanno controlli: la mammografia e l’ecografia.
Io cerco di capire, se si può capire quello che ho e che provo.
Come posso affrontare questo periodo? Come posso vivere accanto a Mauro, battermi contro di “Lui” ed accudire un bambino di appena quattro anni?
Non posso farmi sopraffare. Devo muovermi, fare qualcosa.
Ho sempre creduto nella forza dell’amore e della compassione. Credo fermamente nella forza e nell’energia dell’uomo ed è da questo che parto, da questa mia certezza: Accettarmi ed Amarmi, nel bene e nel male, senza condizioni, per ciò che sono, per le mie emozioni, per il mio essere, per i miei difetti, per le mie paure dette e non dette, per il mio corpo, e per il mio cancro.
Lui è qualcosa di me, devo solo imparare ad accettarlo e capirlo, poi dovrò e potrò combatterlo e guarire.
È ciò che faccio.
Con Mauro troviamo il modo di parlare a Pietro: “Sai, la mamma ha una infiammazione al seno; per guarire farà delle cure, starà un po’ male e le andranno via i capelli. Quando i capelli torneranno vorrà dire che la mamma è guarita”.
Abbiamo comprato la parrucca, le bandane e giochiamo tutti e tre “a fare gli attori”.
La ragione
Ho fatto la prima seduta di chemio, fra un po’ cadranno i capelli. Ho chiesto a mio padre, che è stato barbiere, se vuole essere lui a rasarmi.
È drammaticamente contento di dividere con me questo momento e, ridendo e scherzando, ricordiamo quando faceva la stessa cosa a mia madre.
Ha tagliato i capelli cortissimi. Mi piaccio. Il taglio radicale è avvenuto dopo circa tre settimane.
Non pensavo di avere il coraggio di farmi fotografare ma Pietro ha voluto fermare l’immagine della sua mamma rasata e gonfia di cortisone, ma sorridente sono in mezzo ai miei due uomini.
Siamo così belli tutti e tre insieme!
Mi specchio e piango. È cosi difficile.
Ci sono dei momenti in cui sento di non farcela. Non potrò mai tornare quella di prima. La vicinanza dei miei è la forza vitale per affrontare tutto, questa sofferenza, questa solitudine interiore, questo limbo quotidiano.
Una giornata passata sul divano è una grande vittoria, sostenere una conversazione telefonica mi rende euforica.
Mi sento frastagliata, sminuzzata, non riesco a ricomporre i pezzi, sto veramente male dentro e fuori dal corpo.
Difficile pensare a unire chi ero e chi sono. Ma sono certa di volerlo?
Anni fa qualcuno mi ha insegnato che nella vita niente è casuale e questo mio male e malessere deve servire a farmi capire se ciò che ero prima è ciò che voglio essere ancora.
La sofferenza e il dolore servono a trovare l’aspetto migliore della vita, insegnano a vedere anche le piccole cose, a guardarti intorno e trovare cose nuove, priorità diverse e sorrisi più frequenti.
Tutto questo porta ad un solo significato: la mia vita cambierà.
Voglio che cambi, perché io ci sarò, ci voglio essere.
Così mi abbandono al mio corpo, ascolto ciò che vuole dirmi, lo assecondo definitivamente e mi concentro solo su di me.
Non esiste altro: solo io.
Il dolore
Dolore, apatia, stanchezza, nausea... Persone che si allontanano, ti scansano, hanno paura.
Altre che si avvicinano e, intorno a me nuovo amore e attese partecipi, comprensione; bastano piccoli gesti, una telefonata, una parola, un sorriso complice e la forza si intensifica.
Sento che l’affetto e l’amore degli altri riesce ad alimentare la mia energia che cresce, cresce accompagnandomi flno alla porta dell’ospedale dove sarò sottoposta alla mastectomia.
Maggio è un mese caldo, allegro e vivo: ho deciso di vestirmi con il colore lilla.
Una mucca disegnata da mio figlio mi guarda dal comodino, accanto a lei un angelo di ceramica che due cari amici mi hanno regalato ha assunto egregiamente il ruolo di portafortuna.
Tanti biglietti, tanti fiori, tanti messaggi.
Ieri ho mandato a tutti un sms dove ho scritto “Alle 16.00 di domani sarò in sala operatoria.
Pensami con tutta l’energia positiva che puoi. Un abbraccio”.
Accanto a me sempre e solo il mio compagno, l’uomo della mia vita che, al rientro della sala operatoria è qui sopra di me, mi accarezza, mi bacia sul viso e mi legge i messaggi che i volti vicini hanno scritto per me.
Ci sono tanti nomi: Anna, Piero, Marisa, Roberta, Giuseppe, Nadia, Loredana, Gabriele, Mario, Cristina, Caterina, Paola, Marcello, Valentina, Vania, Sandra, Fabrizio, Giada, Fabio, e altri ancora e c’è ancora lui il mio piccolo grande uomo che mi aspetta a casa.
C’è tanto amore che mi arriva addosso come un tram ad alta velocità e che mi aiuta ad essere di nuovo in piedi la notte stessa.
Cinque giorni dopo sono in mezzo alla gente nella piazza della mia città: c’è una festa e io immagino che sia per me.
Mi sono truccata, vestita di tutto punto ed ho coperto il drenaggio che mi farà compagnia per un po’ di giorni ancora. Ho aggiustato la protesi che mi hanno dato all’ospedale e sono uscita di casa.
Cammino fra la gente che mi saluta, mi abbraccia e mi bacia: sono felice!
Il mio compagno mi ha trovato un soprannome, sono diventata “ la sua amazzone”...
A luglio siamo partiti per il mare. Il prossimo mese dovrò iniziare la radioterapia e per un po’ non potrò stare al sole quindi ne approfitto e mi godo il sole maremmano fino alla fine del mese.
La radioterapia è quasi piacevole. Per me significa essere quasi alla fine di questo cammino.
Sono solo un po’ abbruciacchiata ma gli operatori dell’ospedale sono molto bravi e mi aiutano ad affrontare questo momento con lucidità e consapevolezza.
Ho finito la radioterapia a settembre, quindi ho organizzato un compleanno a sorpresa per Mauro ed una grande festa per il compleanno di nostro figlio.
Ne avevamo bisogno.
Ci siamo circondati degli amici più cari ed ho deciso che non mi farò mai più allungare i capelli.
Io
Sono trascorsi alcuni mesi da quando la dottoressa ha pronunciato questa frase “Lei è guarita”.
Credo di non riuscire a descrivere ciò che ho provato, forse è ciò che sentiamo quando stiamo nascendo, forse, se fossimo consapevoli di quello che sentiamo in quel momento potremmo paragonarlo a quello che ho provato nell’ascoltare quelle magiche parole.
Io sono qui.
Adesso ascolto, tocco, vedo, sento, parlo.
Ogni giorno è meraviglioso, che piova o che ci sia il sole. Ogni giorno è unico, che io sia allegra o arrabbiata.
Ogni momento è irripetibile ed importante che io sia a fare la spesa o in mezzo al deserto.
Niente è essenziale come il mio essere presente.
Sono tornata a vivere la mia vita, lavoro, mi occupo della famiglia, pulisco la casa, vedo gli amici e coltivo le mie passioni, gioco con mio figlio ma oggi ci sono, vivo appieno ogni singolo momento, ci sono dentro è tutt’uno con me.
A volte però devo fermarmi perché la grande giostra mi fa dimenticare quanto io sia importante ma, basta un attimo e di nuovo il sorriso accompagnato ad una lacrima di malinconia mi fanno correre insieme alla vita poi, stanca, mi abbandono e mi annoio mi annoio mi annoio...
Per te, chiunque tu sia...
Per Mauro e Pietro
A mio madre e mio padre che sono di nuovo insieme