La principessa e il coniglio alieno
"Un giorno, come spesso accade nelle favole, successe un fatto alquanto brusco: Stella fu rapita - nuovamente - da un perfido orco nero, grande, grosso e spietato. La sua forza era enorme, devastante e la sua anima oscura, crudele e soprattutto priva di ogni logica..." di Cristiana Niccoli
C’era una volta una bella principessa, alta, bionda e con gli occhi azzurri: il suo nome era Stella, come quelle che brillano nel cielo, quelle coloratissime che vivono nel mare o come quei fiori candidi e rari di montagna.
Un giorno, come spesso accade nelle favole, successe un fatto alquanto brusco: Stella fu rapita - nuovamente - da un perfido orco nero, grande, grosso e spietato. La sua forza era enorme, devastante e la sua anima oscura, crudele e soprattutto priva di ogni logica.
E proprio per questo all’improvviso l’orco prese Stella, la graffiò con le sue zampe lerce e se la portò in luoghi tristi e dolorosi, in una foresta piena di insidie e popolata da infidi alleati che - con ogni sorta di trabocchetti e incantesimi malefici - tenevano succubi anche molti altri innocenti prigionieri.
Stella, rinchiusa nella torre che l’orco aveva circondato con un fossato pieno di squali, veniva tenuta a bada da un perfido scagnozzo: un coniglio con un’enorme testa che tutte le notti la teneva sveglia osservandola - muto - con i suoi occhi assenti e terrificanti, come quelli di un essere alieno, crudele e beffardo, pronto a riapparire all’improvviso per crearle nuovo spavento.
Le persone che volevano bene a Stella cercavano con ogni mezzo di salvarla dalle grinfie dell’atroce orco e non esitavano a scalare la torre per farle sentire la loro voce incoraggiante o stringerle la mano dalle sbarre della finestra.
Per fortuna, un bel giorno, il destino volle aiutare la principessa Stella e decise di far arrivare per fortuna in suo soccorso la FataTitti con le sue piccole aiutanti e il Cavaliere del Tuono con il suo manipolo di abili soldati.
Fu ingaggiata così una lotta feroce e senza esclusioni di colpi fra il malvagio esercito dell’orco nero e quello dell’impavido Cavaliere del Tuono e della Fata Titti: scintillanti e affilate spade, potenti incantesimi e furbi stratagemmi riuscirono a far scappare Stella dalla sua prigione e a riportarla finalmente nel suo magnifico castello pieno di persone buone, rose, profumi di lavanda, sassolini bianchi ben ordinati e tanti bei colori.
Stella decise di non voler più avere paura né del coniglio aguzzino né di dormire con gli squali perché sapeva che la Fata Titti con le sue dolci aiutanti e il Cavaliere del Tuono con il suo esercito di bianchi cavalieri l’avevano salvata per metterla in un’altra imprevista e imprevedibile avventura, questa volta armata di forza, coraggio, una corazza nuova e molti aiutanti preziosi.
Questa è una favola.
O forse è la mia storia - vera - in cui solo i personaggi hanno nomi da favola.
Ringrazio con tutta me stessa la mia famiglia e le persone che mi vogliono bene, il mio doc, i miei medici (del corpo e dell’anima), le mie amiche del ‘gruppo’ che deve trovare ancora un nome e tutti coloro che mi hanno permesso di arrivare a scrivere questa piccola metafora: la malattia è un’esperienza devastante sia per chi la subisce che per il mondo di affetti che gli orbita intorno ma a volte - con l’aiuto di fate buone, cavalieri impavidi, compagne di avventura e famiglie coraggiose - si riesce anche a sdrammatizzare l’attesa in sala operatoria (benedetto doc che mi ci hai accompagnato), a superare gli incubi della rianimazione (maledetto coniglio alieno che mi apparivi davvero tutte le notti!), le operazioni, le pesantissime terapie e a tornare alla vita. Che non è più quella di prima e non deve esserlo per nessuno: tutto va vissuto al massimo, qui e ora, con la forza e la gioia di chi è tornato - sì, graffiato e malconcio - ma con più esperienza, saggezza e trofei da raccontare.