Scrivere per me è difficile

"Il mio corpo non mi è mai piaciuto e specialmente la mia gamba. Per molto tempo ho scaricato su di lei tutte le responsabilità" di Marisa Giunti

Scrivere per me è sempre difficile. Scrivere sulla mia malattia, anzi sulle mie malattie lo è ancora di più. Già perché le malattie sono numerose e croniche. Comincio dal tumore al seno che è solo la più recente e che mi serve per raccontare le mie scoperte nel campo delle mie malattie.

Quando partecipavo ai gruppi di auto aiuto organizzati da “Donna come prima “ in via Pascoli con la guida di Giovanna N. mi sono accorta, incontro dopo incontro, che mentre le altre signore parlavano dei problemi conseguenti l’operazione al seno, io continuavo a parlare della mia gamba poliomielitica ed a pensare ai condizionamenti che ne avevo avuto. È stato durante e dopo quegli incontri che ho messo a fuoco alcune cose del mio rapporto con la malattia in generale, e con la polio in particolare.

Mi sono ammalata a tre anni. Non ho ricordi di quando camminavo senza zoppicare. Il mio corpo non mi è mai piaciuto e specialmente la mia gamba. Per molto tempo ho scaricato su di lei tutte le responsabilità di quello che mi capitava o che non mi capitava, specialmente negli anni dell’adolescenza. Poi negli anni dell’università e dopo gli studi, gli impegni nel sociale e l’insegnamento mi sono sentita meno oppressa. Il trucco che ho messo in atto è stato quello di scacciare il pensiero della mia gamba. Ho cercato di vivere senza farmi limitare troppo da lei: nuotare, andare in bici e in motorino, prendere la patente e guidare l’auto, viaggiare, arrivare ai rifugi in alta montagna dopo aver camminato anche otto ore e soprattutto vivere con gruppi di amici con cui condividevo sogni e ideali, insegnare con passione e coinvolgere nelle mie passioni gli alunni e qualche volta anche i colleghi…

Certo, quando mi specchiavo in qualche vetrina, mentre camminavo mi veniva da chiedermi, chi era quella che camminava così… ma l’essenziale era continuare a camminare.

Non so dire se mi sono resa conto di questi pensieri durante i gruppi di auto aiuto o se già li avevo pensati prima. Quello che però è certo è che è stata la prima volta che li ho espressi ad alta voce , che ne ho parlato con persone che mi hanno ascoltato e capito. Avevamo in comune corpi offesi dalla malattia e a nessuna importava quale fosse la malattia. Da allora mi capita di essere più tollerante verso questo mio corpo, di pensare alla mia gamba come una parte di me di cui mi occupo con tenerezza e con affetto. Cerco di riconciliarmi con le mie imperfezioni pensando che siamo tutti imperfetti ed allora mi aiuta sentirmi “allegramente imperfetta”.