Lettera aperta (Metafora della vita)

"Si capisce che quando ci comunicano il referto della malattia, nel leggere il termine patologico specifico e di cui si ha la paura di nominare, subentra in noi una certa iniziale fragilità. Ma in seguito, nel combattere, ci si rafforza..." di Ida Murru 

Carissime internaute, navigando nel sito “legatumorifirenze” avrete trovato la presente lettera. Questa è rivolta in particolar modo a coloro che in futuro andranno a ricevere il premio letterario “Le donne si raccontano”. Per favore, sforzatevi di essere serene e sorridenti quando vi viene consegnato il premio; cercate, se vi è possibile, di controllare le vostre emozioni, perché il vostro stato d’animo viene trasmesso a noi presenti che assistiamo.

Si capisce che quando ci comunicano il referto della malattia, nel leggere il termine patologico specifico e di cui si ha la paura di nominare, subentra in noi una certa iniziale fragilità. Ma in seguito, nel combattere, ci si rafforza.

Nei vostri scritti esposti molto bene, pieni di sentimento, parlate di “tunnel”. Io lo chiamo galleria, preferisco usare i fonemi del nostro idioma, lingua molto musicale. Ebbene, in quella galleria, per due volte ci sono entrata anch’io, ma fin dall’ingresso in mezzo al buio ho intravisto in lontananza un piccolo disco luminoso, e via via che andavo avanti, lo vedevo sempre più grande e più luminoso: era l’uscita.

La vita è come scalare una montagna: a volte si va tranquilli e sereni perché il terreno è pianeggiante, soffice e fiorito, piacevole come ascoltare la musica di un’arpa. A volte la scalata è faticosa e il cuore sembra che non regga.

La vetta ci sembra sempre più alta, più difficile da raggiungere. Ci appare poi un dirupo, si ha paura di cadere, anzi in certi momenti si scivola e si cade. Ma con un po’ di sforzo, da sole o con l’aiuto di qualcuno, ci si alza e si continua il cammino.

Non avete mai notato che mentre si scala la montagna anche in un percorso impervio e difficoltoso, il calpestio della neve procura una certa sonorità? La stessa sonorità si avverte nel calpestio delle foglie secche d’autunno. Ascoltate sentirete la musicalità che la natura ci offre: il canto degli uccelli, che varia a seconda della stagione, varia nelle diverse ore della giornata: a volte sembra un lamento, altre è un inno alla vita. Anche nei momenti difficili, concentriamoci in queste cose. La vita è come ascoltare un concerto piacevole, oppure un insieme di strumenti che suonano a tratti brusco a volte stridulo come un’orchestra diretta da una mano inesperta. Anche il vento, nel trasportare il suono dei boschi o delle onde del mare, ha una sua musicalità.

Non concentriamoci nella fatica nel portare il nostro zaino pesante. La vita è un alternarsi di note musicali: a volte alte, a volte basse, gravi. Queste cose s’imparano fin da quando s’inizia ad avere la consapevolezza della nostra esistenza.

Non facciamo in modo che il corpo cammini da sé, concentrandoci nei vari fastidi e dolori, senza l’apporto della mente o coscienza che dovrebbe controllare gli stati d’animo che il corpo sofferente gli presenta. Sul tavolo operatorio, quando, per effetto dei medicinali somministrati dai medici, la mente, la coscienza viene allontanata dal corpo; questa, osservando l’involucro che avvolge muscoli, ossa, ecc. adagiato sul tavolo operatoria, lo vedeva immobile, inerte, inerme, “Il corpo senza di me non può proseguire, non può vivere”. Al momento del ricongiungimento di questa al corpo, ci fu la ripresa. Ma facciamo in modo che i due camminino insieme con armonia e letizia.

Assistendo alla premiazione della seconda edizione, a Firenze, ci si trovava a Palazzo Medici-Riccardi nel salone di Luca Giordano. Il salone è meraviglioso; non potevo ammirare i vari particolari artistici, ero tuttavia invasa dai colori e da un senso di “movimento” che le pareti offrivano. L’atmosfera inizialmente era gioiosa, cordiale. Alla fine del pomeriggio le varie emozioni e commozioni, avevano raggiunto alcune di noi. Esco da quell’ambiente con gli occhi pieni di lacrime per la commozione.

Cari organizzatori, per favore, ma per favore! La prossima volta invitate qualche artista, magari anche un comico che ci tenga allegri con le battute o con barzellette possibilmente “spinte” che sono più divertenti, e ciò per far si che ciascuno di noi lasci l’ambiente con un sorriso, non angosciate e commosse, ma serene.