La mia amica
"Quando aveva ricevuto la telefonata dell’infermiera del Cspo che, rassicurante, la invitava a tornare per un esame di approfondimento, la mia amica non si era minimamente preoccupata, del resto anche al controllo precedente, solo otto mesi prima, aveva fatto un ecografia perché, avendo il seno fibrocistico “si consigliava esame ecografico” così recitava l’esito della mammo..." di Sabrina Fortini
La mia amica ha avuto un tumore. L’anno scorso, di questi tempi, aveva appena finito il ciclo di radioterapia. La mia amica è molto equilibrata, pratica e responsabile oltre che molto sensibile: davanti alle difficoltà, normalmente cede sempre… solo per un attimo poi affronta la situazione ben consapevole che nessun altro lo farà per lei. Però, fino a quel momento, le sue difficoltà non dipendevano da lei, o almeno così lei voleva credere, bensì le piovevano addosso dalla vita altrui. Una alla volta queste situazioni si erano in un modo o nell’altro risolte. La malattia della madre anziana l’aveva messa a dura prova e ancora si rimproverava di non essere riuscita ad accompagnarla verso la morte, in modo che non ne avesse paura. Aveva avuto così tante volte paura, sua madre, e questo suo atteggiamento di ansia aveva condizionato fortemente la sua infanzia, ancora ora doveva combattere sempre contro le insicurezze che ne erano derivate. Ma non le era riuscito, anzi lei stessa si era fatta prendere dalla paura ed aveva lasciato la mano che fino a quel momento aveva tenuto. In compenso, la figlia maggiore, dopo l’incertezza adolescenziale aveva spiccato il volo e proprio allora stava programmando di andare all’estero, aveva raggiunto quell’indipendenza che lei aveva tanto auspicato per le proprie figlie, forse proprio perché a lei non era mai riuscito lasciare la propria casa di famiglia, neanche dopo il matrimonio. Già, il suo matrimonio… anche il suo mal rapporto con il marito si era risolto lasciando incredibilmente il posto ad una nuova armonia che lei non avrebbe mai osato immaginare. Bisogna dire che la pratica buddista, alla quale si era avvicinata dopo la morte della madre era stata risolutiva per la sua vita. Insomma, lei credeva che dopo una vita piuttosto triste, rischiarata solo dall’amore per le sue figlie, finalmente avrebbe avuto un po’ di serenità, l’aveva tanto desiderata. E invece era arrivato il tumore. Il pensiero del dispiacere che questa sua situazione avrebbe causato alle sue figlie le procurava vere e proprie fitte di dolore, le uniche del resto perché lei non aveva assolutamente nessun sintomo, si sentiva benissimo e questo la rendeva ancora più incredula. Quando aveva ricevuto la telefonata dell’infermiera del Cspo che, rassicurante, la invitava a tornare per un esame di approfondimento, la mia amica non si era minimamente preoccupata, del resto anche al controllo precedente, solo otto mesi prima, aveva fatto un ecografia perché, avendo il seno fibrocistico “si consigliava esame ecografico” così recitava l’esito della mammo. Il tutto aveva preso pochissimo tempo e lei era tornata al lavoro lieta di rispondere “tutto ok” a chi le chiedeva notizie. Quella volta però la dottoressa, la stessa dell’altra volta, ci metteva di più, continuava a scandagliare il suo seno sinistro e ancora non si decideva a dirle le parole liberatorie che, pensava, non c’era motivo che non dicesse. Inconsciamente riteneva che l’aver sempre fatto tutti gli esami previsti per la sua età ed anche di più, in qualche modo la doveva premiare, un po’ come la bambina che ha fatto tutti i compiti si aspetta un elogio dalla maestra. Effettivamente fu premiata anche se non come lei si aspettava, il premio fu di gran lunga superiore alle sue aspettative, ma ancora non lo sapeva.
All’eco seguì l’ago aspirato intanto che un gelido, incredulo terrore l’avvolgeva ma, come vi dicevo, la mia amica è una donna pratica, alcuni dicono forte e quindi si sforzò di essere positiva e sperò che tutto finisse lì: all’ago aspirato. Tornò al lavoro, per impegnare la testa, del resto proprio in quel periodo sua figlia doveva partire per iniziare un soggiorno di studio e lavoro all’estero e lei, le aveva promesso di accompagnarla e restare un paio di giorni finché la figlia e la sua amica si fossero organizzate, il volo era per quel fine settimana. Spiegò alla figlia maggiore che l’esame citologico avrebbe stabilito di cosa si trattava e glielo fece spiegare anche dalla ginecologa che avevano in comune la quale fu molto chiara e rassicurante. Quando rientrò dal suo breve viaggio cominciò ad aspettare, più passavano i giorni e più aumentava la sua fiducia e poi, la chiamarono. Due sue amiche vollero in ogni modo accompagnarla, le faceva piacere e le dava pensiero allo stesso tempo, non avrebbe mai voluto cedere davanti ad altri, come ho detto prima, per lei essere causa di disagio era inaccettabile. La dottoressa nel comunicarle che si trattava di un carcinoma e che dovevano toglierlo le disse: “cara, ancora non sai quanto sei fortunata”. La mia amica salutò le sue amiche, entrò in casa e finalmente pianse e mentre piangeva pensava al modo per dirlo alla figlia minore senza spaventarla ed alla maggiore, senza che questa montasse sul primo aereo per casa: aveva appena cominciato ad ambientarsi. Le avrebbe detto che comunque era una breve degenza. Quando lo disse a suo marito si concesse tutta la paura che le urlava dentro, lui calmò il suo pianto e le trasmise tutta la sua fiducia e questo sarebbe accaduto, ed ancora ora accade, molte volte. Dopo solo una settimana era già operata, il professore le ricordava suo padre, schietto ed ironico, comunque di grande esperienza ed in base a questa le comunicò che sebbene ad un primo esame non ci fosse nessun linfonodo positivo, lui non era di quel parere e che si doveva tenere pronta ad un eventuale rimozione di tutti i linfonodi ascellari nel caso l’esame istologico ne avesse mostrato anche solo uno positivo. Così fu, uno lo era e per questo si dovevano togliere tutti gli altri che, per fortuna si rivelarono tutti negativi. Ora, benché questa seconda operazione si sia portata dietro delle collateralità che continuano ad affliggere la mia amica, lei sa benissimo di essere stata fortunata per molti motivi: perché le è stata risparmiata la chemioterapia, perché il caso ha voluto che facesse il controllo ben prima del previsto impedendo così al tumore di andare oltre, ma lei dice che la sua pratica buddista insegna che niente accade per caso, perché è viva. Questo è il suo premio.
Adesso dice che tutto ciò deve essere valorizzato, che vuole che la sua esperienza sia parte di un percorso verso una felicità vera, profonda, la gioia di vivere a cuore aperto, di volersi bene per ciò che siamo, accogliendo le nostre debolezze e trasformarle nella nostra forza. Vivere armonizzando corpo e mente così intensamente da farlo traboccare e trasmettere a chi ci è intorno.
Dice che ha scritto di questo suo pezzo di vita perché vuole spargere il coraggio che ha ricevuto da tutte quelle donne, incredibili normali strepitose donne, con le quali ha condiviso questo viaggio, che incontra tutti i giorni al corso di ginnastica dolce organizzati dalla Lega, le donne con cui rideva aspettando il proprio turno di radioterapia, donne le cui storie davano un dimensione ben più accettabile alla sua, donne coraggiose per le quali il coraggio è la normalità, anche per le più fragili. Le donne cadono e si rialzano, poggiandosi al suolo sul quale sono cadute, piangono disperate poi asciugano le lacrime e ricominciano a lottare, la loro forza è quella che muove l’universo stesso, incessante come la marea. Per questo ha messo nero su bianco questo suo pezzo di vita, per aiutare tutte le donne a capire quanto sono forti ed incoraggiarle ad affrontare la vita a testa alta, senza paura, determinando che ce la faranno, lottando e vivendo intensamente fino all’ultimo istante di vita. La mia amica ha pianto molto, non voleva, non voleva accettare quello che le era successo, voleva svegliarsi e tornare a come era prima, ma poi passa, piano piano passa, e si ricomincia a sorridere, ogni tanto si ricade, poi sempre meno spesso e un giorno, ci si ritrova a sera senza averci mai pensato e allora abbiamo vinto. Non si deve lasciare che la malattia distorca i contorni della realtà facendoci immaginare finali dolorosi, un passo alla volta, con più o meno fatica, ma sempre avanti fino in fondo senza dubbi, senza lasciarsi impaurire dal buio del tunnel in cui siamo infilati ricordando che i dubbi e la paura frenano e che invece si vuole arrivare in fondo al tunnel prima possibile. Ogni donna lo può fare, ne ha la capacità e la forza, anche quando non lo sa, ecco perché la mia amica ha raccontato la sua storia, per tutte quelle donne che non sanno quanto sono forti. La mia amica ha fatto una promessa ai suoi genitori, ha promesso loro che vivrà la vita che le hanno donato al meglio delle sue possibilità, che amerà anche sé stessa come ama i suoi cari, che onorerà quella sua vita così preziosa e irripetibile e che la renderà, la sua vita, così luminosa da illuminare tutti intorno, proprio come la luna piena, che lei ama tanto, rischiara l’oscurità della notte.
Io voglio molto bene alla mia amica, anche se ascolta troppo la sua testa, per niente collaborativa che anzi si diverte così tanto a tormentarla, e troppo poco me, che ho un unico scopo: la sua felicità, se la merita e nessuno meglio di me può saperlo, io sono stato con lei fin dall’inizio, ho condiviso ogni sua emozione, io so tutto di lei anche quello che lei nasconde a se stessa, io, il suo cuore… mi farò ascoltare da lei e finalmente sarà felice, ne sono sicuro.