E' stato per caso
"Io in quel periodo mi stavo curando per i dolori alla schiena ed ero piuttosto stanca di dottori e ospedali, quindi la sola idea di dover affrontare altra sofferenza mi rendeva nervosa. Però la dott.ssa R. mi dava fiducia. Dopo la mammografia mi spiega che c’è bisogno di fare anche un’istologia e mi manda in una struttura specializzata, il C.S.P.O. in viale Amendola. Ho capito allora che potevo avere un tumore e mi è venuta paura..." di Francesca Cavina
È stato per caso che ho scoperto di avere un cancro.
Quando, nel novembre del 2007, ho sentito un “bozzolo” sopra il seno destro, non mi ero mai fatta né un’ecografia né una mammografia.
Sapevo solo di avere delle mammelle fibrocistiche e non gli ho dato molta importanza.
Il mio ragazzo invece mi ha consigliato di andare al Calcit, tanto per essere sicuri che non ci fosse niente d’importante.
Prendo appuntamento per una visita a Grassina e ho la fortuna d’incontrare una dottoressa in gamba. Grazie ad un’ecografia la dott.ssa R. nota delle microcalcificazioni che la insospettiscono. Decide di continuare ad indagare e mi fa fare anche una mammografia all’ospedale di P. a Niccheri, dove lei lavora.
Io in quel periodo mi stavo curando per i dolori alla schiena ed ero piuttosto stanca di dottori e ospedali, quindi la sola idea di dover affrontare altra sofferenza mi rendeva nervosa. Però la dott.ssa R. mi dava fiducia. Dopo la mammografia mi spiega che c’è bisogno di fare anche un’istologia e mi manda in una struttura specializzata, il C.S.P.O. in viale Amendola. Ho capito allora che potevo avere un tumore e mi è venuta paura.
Al C.S.P.O. hanno rifatto visita, mammografia ed ecografia alle mie povere poppe, e infine con una specie di siringa, il dott. T. ha prelevato dei pezzi di tessuto sopra il seno. Sono uscita con la sensazione di essere stata in una stanza delle torture, e con la voglia di non tornarci più.
L’analisi dei miei tessuti però ha confermato che avevo un cancro, o se vogliamo essere precisi, carcinoma duttale infiltrante, che già solo il nome ti impressiona. Non sapevo come reagire, mi chiedevo solo perchè mi è venuto un cancro? Nella mia famiglia nessuna donna lo ha avuto, solo la mia bisnonna ma all’intestino, e io non bevo e non fumo, insomma, mi chiedevo che male ho fatto per meritarmi questo?
Dopo un colloquio con un oncologo dell’ospedale di Careggi, mi danno un foglio con una lista di chirurghi. Io, sempre più impaurita e in ansia, devo scegliere da chi essere operata.
Ritorno allora dal mio punto di riferimento, la dott.ssa R. Con molta disponibilità mi aiuta a scegliere fra i chirurghi. Non avevo la minima idea di cosa mi aspettasse ma dentro di me crescevano la paura e la rabbia di dover affrontare una prova cosi dura, sapendo che se mi tiravo indietro rischiavo di morire.
Il babbo del mio ragazzo era morto di cancro nel 2003, noi lo avevamo assistito nelle ultime settimane di vita, il dottore ci disse che era troppo tardi per operarlo, il fegato era in metastasi. Per cercare di tranquillizzarmi e per sapere a cosa andavo incontro, ho cominciato a informarmi su tutto quello che riguardava questa maledetta malattia che ti distrugge dall’interno. Intanto continuavo a fare visite ed esami, e mi sentivo sempre più un pezzo di carne sballottato qua e là, in attesa di venire operata.
La persona che mi e stata più accanto e mi ha dato coraggio è stato Marco, il mio ragazzo. Lui mi ha accompagnata nel calvario degli ospedali e non mi ha mai abbandonata anche nei momenti di disperazione.
Un’altra persona straordinaria è stata la mia ex-profe di mate delle medie, Marialuisa. Quando ero in crisi mi ha sempre fatto ragionare e mi ha convinta a fidarmi dei dottori. È volontaria delle unità di cure continue, assiste cioè malati terminali di cancro ed è una persona responsabile e positiva -tutto il contrario di mia madre insomma.
Dopo il colloquio con il chirurgo S., a Villa delle Rose, aspetto con ansia di essere chiamata per finire questo angosciante periodo.
Il 29 gennaio del 2008 vengo operata nell’ospedale più vicino a casa, a P. a Niccheri. Ricordo che prima di essere addormentata l’anestesista mi ha detto di pensare a qualcosa di bello, un viaggio, un posto, una persona.
Ho pensato al mio Marco e quando mi sono risvegliata ero nel letto dell’ospedale con una fascia stretta intorno al seno e al torace e un sacchettino di plastica attaccato al fianco destro. Quei pochi giorni passati in ospedale sono stati un incubo, sia per il dolore fisico che avevo sia per la mancanza di sensibilità da parte di chi dovrebbe prendersi cura di te e invece è solo scocciato o indifferente.
Tante persone però sono venute a trovarmi, e il cancro è stato tolto.
Anzi, dei 31 linfonodi analizzati neanche uno era stato aggredito, quindi adesso mi ritrovo con una grossa cicatrice che va dal capezzolo destro a sotto l’ascella e tanto stress accumulato.
Sia la dott.ssa R. che il chirurgo S. sono stati molto disponibili con consigli e aiuti preziosi perchè purtroppo la battaglia non è ancora finita. Speravo che una volta eliminato il nodulo maligno, potessi considerarmi guarita, e invece mi sbagliavo. Ho avuto due colloqui con delle oncologhe che mi hanno angosciata con la prospettiva di radioterapia e chemio, oltre che la necessità di essere messa in menopausa forzata perchè il mio tipo di tumore è di origine ormonale. Sono entrata in crisi e ho cominciato a non dormire la notte. Dovevo decidere le cure antiricaduta ma non ero convinta della necessità della chemio. La seconda oncologa, dott. R. mi ha veramente trattato male, e insisteva che prendessi la decisione di fare la chemio il giorno seguente. Disperata da questa prospettiva ho nuovamente contattato la mia dott.ssa R. e grazie a lei decido di sentire un altro parere.
A Prato, accompagnata da Marco, ho un incontro con un altro oncologo, dell’equipe del dottor D. L.. Il dottor P. mi ha accolta senza fretta nè freddezza, con calma ha guardato i miei esami e visto il tipo di tumore, mi ha rassicurata. Io ero contraria a fare la chemio perchè sono convinta che distrugge cellule sane e malate indistintamente.
Inoltre, anche sottoponendomi a tutte e tre le cure anti-ricaduta non ho la certezza che il tumore non ritorni. Insomma, perché accanirsi?
Adesso sto abbastanza bene, ho fatto 30 “sedute” di radioterapia in luglio e il mio seno destro, sebbene ferito e ridotto, è ancora al suo posto.
Però sto facendo la terapia ormonale e sono in menopausa “forzata”.
La voglia di vivere ancora c’è, e nonostante questa esperienza stressante adesso lavoro e conduco una vita abbastanza normale.
Mi ha aiutato molto il gruppo di psiconcologia, dove ho conosciuto altre donne operate e con loro ho condiviso parole ed esperienze.
Il 28 di settembre siamo andate tutte assieme alla maratona di Firenze organizzata proprio per raccogliere fondi a favore del centro di riabilitazione oncologica e mi sono molto divertita. Adesso è passato più di un anno dall’intervento e sono decisa a vincere questa battaglia perchè in futuro avrò dei bambini, devo stringere i denti e avere pazienza... non tutti i giorni sono uguali, a volte basta poco per scoppiare a piangere ripensando all’esperienza passata, altre invece mi sento soddisfatta e fortunata che sono ancora in piedi.
Ho scoperto che grazie ad un’associazione, Donna come prima, posso fare riabilitazione per il braccio operato e stare insieme a persone che veramente capiscono e condividono la mia malattia. Il mio futuro per adesso è condizionato da una pasticca di tamoxifene al giorno e una malefica puntura ogni 28 giorni che mi blocca la produzione ormonale.
Mi sento “vecchia” a 35 anni,con le caldane e senza più mestruazioni.
Tutto questo per altri 3 o 5 anni, non ho ben capito.
Spero solo che la ricerca vada avanti e offra la possibilità di essere curata con dignità e rispetto, perchè quando hai un cancro ogni piccola parola detta da un medico può gettarti nell’angosci o alleviare la tua ansia, io l’ho sperimentato.
Ringrazio tutte le amiche che mi hanno sostenuto: Angela P., Gina C., Angela della Lilt, Evelyn, Margareth, Marzia, Wilma, Chiara G. e Chiara S., Lucia e Giampiero, Donna, Catia, Paolo, Alessandro, Carmelo, le compagne del gruppo di psiconcologia, la dott.ssa F., la fisioterapista F. ecc... Secondo me è fondamentale avere delle persone accanto per affrontare l’esperienza cancro, insieme ho più voglia di vincere.