Quattro anni fa
"Sono comunque qui a raccontare la mia seconda vita, scrivo questo per ricordarmene perché quando è finito tutti dimenticano e forse anche tu lo nascondi a te stesso, perché un malato turba la vita familiare, perché vogliamo tornare tutti a una vita normale, perché soprattutto anch’io volevo tornare alla mia vita che mi era stata cambiata e non la riconoscevo più..." di Cristina Dolfi
Mi presento: sono Cristina, anni 52, un marito ed un figlio di 21 anni ed uno splendido lavoro. Nel lontano ormai “mi sembra tale” 31 luglio 2003 all’età di 48 anni e credetemi portati molto bene, la vita mi offre una possibilità: cedere o lottare. Da lì comincia la mia seconda vita, la mia seconda possibilità (se così si può dire).
È l’estate del 2003 pronti per la partenza, le valige ormai fatte ma c’era da fare una mammografìa perché giorni prima, facendo la doccia mi ero sentita un nodulo al seno destro che non mi piaceva.
Dopo 10 giorni il risultato, è un bastardo carcinoma infiltrante che poi io lo chiamerò, l’alieno, il mostro. A distanza di poco tempo devo sottopormi ad un intervento chirurgico, poi di nuovo attesa per il risultato istologico e dopo un mese un altro intervento per la mastectomia perché non ero in sicurezza come dicono loro “i dotti sapienti”.
Cosa si vuole di più dalla vita? Un cancro al seno. Non starò certo a dirvi i momenti brutti della chemioterapia e il nuovo ricovero in ospedale per un altro intervento per rimettere ciò che avevano tolto l’anno prima: ricostruzione del seno.
Sono comunque qui a raccontare la mia seconda vita, scrivo questo per ricordarmene perché quando è finito tutti dimenticano e forse anche tu lo nascondi a te stesso, perché un malato turba la vita familiare, perché vogliamo tornare tutti a una vita normale, perché soprattutto anch’io volevo tornare alla mia vita che mi era stata cambiata e non la riconoscevo più.
Adesso non ho più un abito che mi sta bene perché sono cambiata fisicamente, sono gonfia e ingrassata, avevo degli abitini che adoravo e adesso sono appesi nell’armadio insieme al mio abitino mentale che non hai quando arriva il cancro.
Comunque ho preso tutto con ironia ed ho anche riso, perché ho un carattere gioioso e socievole ma ho anche pianto per il dolore fisico e straziante. Non ho mai avuto paura di morire, mi sono fidata ciecamente dei medici e ringrazio la buona sanità, l’amore di mio marito e di mio figlio, dei miei familiari e le amicizie.
Le amiche insieme a mio marito mi hanno sempre tenuta per mano nell’anno terribile della chemioterapia, quando facevo il trattamento venivano sempre con me, nella difficoltà e in quel dolore, ma a volte abbiamo anche riso, abbiamo fatto progetti e fatto l’uncinetto.
La mia amica Marina mi ha creato dei cappellini favolosi che ho indossato nel mio anno da calva, erano fatti con strass e paillettes luccicanti come i nostri occhi quando arrivavano le lacrime.
Adesso mi dico che il cancro è una malattia come un’altra che forse non ti cambia la vita ma io ogni giorno lo vivo come fosse l’ultimo, non rimando a domani quello che posso fare oggi, che ringrazio tutti quelli che mi vogliono bene e sono tanti credetemi e soprattutto mi voglio un sacco di bene e mi “garbo” tanto tanto come si dice a Firenze.
Spesso mi dico che ho affrontato tutto con estrema forza e coraggio e con un pizzico di ironia, sono proprio orgogliosa di essere così.